Donne e pubblicità: un binomio complesso, anzi «un bel problema» per Annamaria Testa, esperta di comunicazione e creatività, che sul tema è intervenuta mercoledì al teatro Strehler di Milano per l’assemblea Upa 2013. «Un tema che va affrontato adesso – ha detto – prima che diventi ingestibile». I dati, d’altronde, parlano chiaro: il Gender Gap Index, l’indice del World Economic Forum che misura le disparità di genere in 135 paesi, ha piazzato l’Italia nel 2012 all’ottantesimo posto, dopo il Perù e Cipro. Perché se da un lato in termini di salute e istruzione la parità tra i generi si può dire raggiunta nel Belpaese, in termini di partecipazione politica ed economica la strada da percorrere è ancora molto lunga. «Dove le donne stanno peggio l’intero Paese sta peggio» ha argomentato Annamaria Testa. La disparità, ha detto, «danneggia la competitività». «Per questo – ha messo in chiaro l’esperta – il problema delle donne non riguarda solo le donne». I mass media, in questo senso, possono fare molto, diffondendo nuovi modelli di ruolo. Oggi, ha fatto notare Testa, «tra gli esperti intervistati in tv l’86% è uomo». «Non ce l’ho con le veline – ha detto – però mi piacerebbe si raccontasse un Paese di donne che non sono solo veline». E ancora: «La rappresentazione televisiva delle donne rafforza gli stereotipi negativi». Certo, non è la pubblicità ad avere il compito da educare, ma la pubblicità può aiutare e quell’aiuto, sostiene Testa, «può essere un buon affare». «Se volete parlare al vostro mercato non potete non parlare alle donne. E un buon modo per farlo è riconoscerne il valore e rappresentarne la meravigliosa molteplicità».