Il negazionismo è sempre dietro l’angolo. E anche nel caso del femminicidio, la mobilitazione che ne sottolinea gravità e urgenza è cresciuta di pari passo con il diffondersi di una controargomentazione strisciante, tesa a disperdere l’allarme messo in luce dai dati. Così, mentre i numeri mostrano con tutta evidenza la quotidianità della violenza perpetrata ai danni delle donne, chi obietta lo fa ribaltando le statistiche e forzando paragoni improbabili. “Muoiono in valore assoluto più uomini che donne”, si sente dire, escludendo dall’analisi, in un sol colpo, l’assassino e il suo movente, informazioni invece fondamentali per descrivere violenza di genere e crimini d’odio. O c’è addirittura chi nei raffronti inserisce le statistiche sugli incidenti stradali, quasi fossero anch’essi l’esito di una violenza. Li chiama “negazionisti di buona volontà” Adriano Sofri in un interessante intervento pubblicato oggi sulla prima pagina di Repubblica, che con ottime argomentazioni abbatte i tanti distunguo che nel dibattito pubblico tentano di ridimensionare il fenomeno del femminicidio. “Abbiamo alle spalle (recenti) – mette in guardia Adriano Sofri – un mondo patriarcale e un codice penale che giudicavano con sfrenata indulgenza, o malcelata simpatia, gli uomini che ammazzavano le “loro” donne; e ora ci illudiamo di vivere in un mondo più affrancato dai pregiudizi e più libero per tutti”.