In più occasioni abbiamo parlato della Convenzione di Istanbul e degli obbiettivi alti che pone in termini di azioni di contrasto alla violenza sulle donne. Il decreto legge sul femminicidio, da poco convertito in legge, è un primo passo in questa direzione. Ma la Convenzione di Instanbul tratta anche ambiti che esulano dalla prospettiva penale e che riguardano l’ambito più strettamente culturale: un esempio è l’analisi dell’uso degli stereotipi nei programmi di informazione dei mass media generalisti. Se n’è parlato al Convegno “Convenzione di Istanbul e Media” tenutosi poche settimane fa a Roma. Di seguito l’interessante intervento di Luisa Betti, giornalista esperta di questioni di genere e rappresentante della Rete nazionale delle giornaliste italiane (Giulia). «Non basta essere “sensibili” all’argomento – sostiene Betti – ma bisogna conoscerlo, bisogna essere preparati, studiare, ed è fondamentale che la formazione valga, così come per i giudic*, forze dell’ordine, avvocat*, psicolog*, assistenti sociali, anche per i giornalist* che si vogliano occupare di questi temi. Risolvere il problema culturale anche attraverso una corretta informazione, è il nodo: ma lo dobbiamo fare da sole continuando a punzecchiare direttori e caporedattori? Io farei un passo in più perché vorrei che in questo momento gli uomini, che nelle redazioni italiane occupano la maggioranza dei posti di comando, scegliessero di ascoltarci prendendo in seria considerazione le modalità da noi indicate, non solo perché li riguarda – conclude – ma perché è una responsabilità nei confronti di tutta l’umanità».